Chi, dopo aver vissuto 10 anni in Italia, tornerebbe oggi in Iraq per vivere in mezzo ai cristiani perseguitati a un tiro di schioppo dai territori in mano allo Stato islamico? Padre Georges Jahola, ad esempio. Sacerdote siriaco-cattolico, nato e cresciuto a Qaraqosh, città della Piana di Ninive presa dall’Isis nell’agosto del 2014, in Italia per completare gli studi del dottorato in Scienze Bibliche presso la Pontificia Università Lateranense, farà tra pochi giorni ritorno in Iraq. E «non vedo l’ora», dichiara a tempi.it.
Perché “non vede l’ora” di tornare in Iraq, mentre tantissimi cristiani cercano di scappare?
Da tanto tempo desidero farlo, non ho paura. Sono stato in Italia per studiare ma voglio tornare indietro per aiutare la mia gente e prestare servizio tra i profughi che hanno perso tutto. Poi c’è tanta gente che mi chiama e mi chiede: “Quando vieni?”. Questa è una motivazione molto forte. È così tanto che aspetto il giorno del mio ritorno.
Di sicuro non risiederà nella sua diocesi di Mosul, visto che è in mano allo Stato islamico, così come la sua città natale, Qaraqosh.
Sì, è triste. La mia diocesi sta morendo non solo dal punto di vista demografico, ma anche da quello istituzionale. Spero di poter fare qualcosa da questo punto di vista, ripristinare le nostre comunità è una priorità. Non so dove mi manderanno, ma credo tra i profughi di Erbil.
Quanti sono oggi?
Un anno e mezzo fa erano 120 mila. Ora un terzo se n’è andato, chi in Giordania, chi in Libano, chi in Turchia, chi in Europa. È triste che così tanta gente se ne vada, anche da Baghdad, ormai in tutto il paese resteranno appena 250 mila cristiani circa (nel 2003 erano un milione e mezzo, ndr).
Perché se ne vanno?
Per provare a rifarsi una vita. Questo è un fatto preoccupante. Se qualcuno se ne va per qualche anno per poi tornare, allora sarebbe incoraggiante, ma so che senza un piano politico iracheno e internazionale questo non avverrà mai.
Fino ad ora nessuno ha anche solo pensato simili piani.
No, perché a nessuno interessa dei cristiani. Siamo completamente ignorati. A tanti iracheni fa comodo se i cristiani se ne vanno, così si appropriano delle loro case e delle loro terre. È vantaggioso per i curdi, per i sunniti, per gli sciiti. Ecco perché non fanno nulla per difendere le minoranze.
Questa situazione la stupisce?
Dico la verità, io pensavo che dopo la caduta di Mosul la città sarebbe stata ripresa da un momento all’altro. Così come le nostre terre. E lo pensavo perché ce l’avevano promesso prima gli americani, quando dissero che ci sarebbe voluto un anno, poi il governo centrale iracheno, poi il governo del Kurdistan. Ma è passato un anno e mezzo e non è cambiato niente. I cristiani hanno visto che nessuno si preoccupa di riconquistare le loro case. Nonostante questo, sono tanti che ancora sperano di farvi ritorno un giorno.
Avete qualche notizia dalle vostre città d’origine?
No, non è rimasto più nessuno. Ogni tanto qualcuno scappa da Mosul e racconta qualcosa. Ora si dice che l’Isis abbia abbandonato i nostri villaggi e si stia ritirando ma ci sono troppe notizie discordanti per essere certi della verità.
Intanto il terrorismo ha raggiunto e colpito l’Occidente.
Come poteva essere altrimenti? Avete abbattuto tutti i regimi che frenavano il terrorismo: Iraq, Siria, Libia. Era logico che sarebbe arrivato anche da voi. Siete voi occidentali che avete permesso che tutto questo avvenisse con le guerre.
Come valuta la risposta dell’Europa al terrorismo?
È stata davvero timida. Credo che non abbia capito che è davvero in pericolo. I governi sono molto tolleranti ma ci vuole più convinzione. Io sono anni che ribadisco un concetto: la convivenza deve essere regolata dalla legge, gli stranieri che non accettano il sistema europeo devono tornarsene a casa loro. Mi sembra che sia quello che finalmente ha detto anche Angela Merkel dopo i fatti di Colonia.
L’Occidente sbaglia qualcosa in materia di convivenza?
Dovreste cercare di capire le logiche altrui e immedesimarvi. L’Europa ha schemi umanitari e tolleranti che spesso si rivelano sbagliati, perché molti immigrati musulmani, che si ispirano al fondamentalismo, non la pensano allo stesso modo e se ne approfittano.
Come avete fatto a convivere in Iraq?
I precedenti governi in Iraq hanno usato la forza e convivere è stato possibile, ma gli attuali governanti sono deboli, solo apparentemente democratici, e non riescono a imporre delle regole. Purtroppo, dove i governi sono di ispirazione islamica, c’è sempre discriminazione e violenza.
Che cosa spera per questo 2016?
Visto che l’Isis ha subìto alcune sconfitte, spero che le nostre terre saranno riconquistate ma non so quando potrebbe accadere, sinceramente. Il conflitto qui è molto più complicato: sunniti, sciiti e curdi non sono mai d’accordo. Bisogna anche pensare a come queste tre forze potranno gestire il paese, non c’è solo l’Isis. I cristiani sono anche vittime di questo conflitto politico.
Alla Chiesa e alla comunità internazionale cosa chiede?
A Roma chiedo di rafforzare quelle comunità e diocesi che rischiano l’estinzione. Alla comunità internazionale, invece, di mantenere l’impegno di proteggere le minoranze in Iraq.
@LeoneGrotti